30
Lug
2011
Creativa è la protesta
Questo articolo è stato pubblicato il 29/07/11 su Sardegna 24.
Una folla, all’improvviso. Uomini e donne, conoscenti o estranei, trasportati da una rabbia e da un pensiero comune. Si riuniscono in una massa, come gocciole sparse sullo stesso pendìo, e scorrono verso il loro obiettivo. Al contrario delle orde che assediavano i forni nei secoli passati, le folle hanno ora sviluppato un “sistema nervoso” che permette loro di agire con una coordinazione raffinata: sono i mezzi di comunicazione di massa orizzontali, tra cui spiccano internet e gli SMS. Grazie ad essi, le categorie del passato non sono più applicabili, ed è necessario ricorrere a nuovi termini: l'orda è divenuta un “Flash Mob”, una “folla istantanea”.
Questo fenomeno, a partire dal 2003, si è contraddistinto per la sua capacità di proporre, con grande creatività, una protesta civile convocata dal basso in cui l’argomento del contendere primeggia sul narcisismo dei demagoghi e le bandiere politiche. Come dice Francesca Saba, organizzatrice di un “Flash Mob” che, pochi giorni fa, ha percorso le strade di Cagliari: “Siamo cittadini attivi, per cui ci rifiutiamo di subire le decisioni altrui. La perdita di un presidio culturale come la Biblioteca Provinciale è una sconfitta per tutta la popolazione, compresa la classe dirigente. La nostra è stata una dimostrazione di civiltà: i cittadini non si sono lasciati dividere da fedi politiche o beghe localistiche. Hanno agito per difendere la cultura e, nella fattispecie, una Biblioteca che sentono loro”. I tagli indiscriminati alla cultura hanno già mietuto vittime in tutta la penisola, ed ora minacciano di ridurre del 70% i servizi della Biblioteca Provinciale di Cagliari. Questo comporterà il licenziamento di molti bibliotecari e la sostanziale soppressione della sua capacità operativa. “Davanti a questa prospettiva” dice la Saba “abbiamo agito come si farebbe nei confronti di un amico in difficoltà, facendo sentire il nostro appoggio, anche con l’obiettivo di dare una mano alle amministrazioni locali, come la Provincia, che si stanno impegnando per evitare che avvenga il peggio”. Così, il 26 luglio, si è riunito un “Flash Mob” che ha percorso via Manno ed è giunto fino all’interno della Biblioteca. Ognuno dei partecipanti, con un libro in una mano e l’altra a tappare la bocca, ha voluto sottolineare il suo dissenso e, nel contempo, svolgere un’ operazione di invito alla lettura e di amore per la cultura.
Pochi mesi prima, sempre a Cagliari, un’altro “Flash Mob” ha mostrato l’impegno dei cittadini in un modo più eccentrico. Tre giorni prima del referendum che ha spazzato via l’opzione nucleare in Italia, infatti, la città è stata “assediata” dagli zombie. “La manifestazione era prevista per Halloween” dice Francesco Liori, uno degli organizzatori della “Zombie Walk”, “ma abbiamo scelto di anticiparla per rappresentare in modo teatrale e surreale quale sarebbe stato il futuro dell’Italia in caso la consultazione non avesse avuto successo”. Più di 300 persone, truccate come in un blockbuster di Romero, hanno barcollato per le strade della città con grande scintillio di fauci e gorgoglìo di gole affamate.
Il “Flash Mob” è più affine all’arte teatrale che alle proteste tradizionali. Predilige l’ironia allo scontro militare e mira a sorprendere: ad esempio, nel 2006, 4000 ragazzi armati di lettore MP3 ed auricolari hanno invaso la metro di Londra, mutandola in una discoteca silenziosa. Oppure, nel 2008, 8000 persone mascherate da Guy Fawkes (icona tratta da “V per Vendetta”) si sono riunite davanti alle sedi di Scientology in 93 città. La protesta pacifica, organizzata dagli hacker di “Anonymous”, si è scagliata contro le “illegalità” attribuite al culto di Ron Hubbard.
Queste nuove forme di protesta creativa, come scrive uno dei loro massimi teorici, Hakim Bey, sono una macchina da guerra nomade, capace di colpire e fuggire. Si ammanta nell’invisibilità durante la vita quotidiana ed emerge per conquistare i suoi obiettivi quando meno la si aspetta. Se lo Stato e la Storia spesso si mostrano come “uno stivale che schiaccia un volto umano — per sempre” (parole di Orwell), i “Flash Mob” si dimostrano, tra i tanti, un modo pratico e civile per mostrare che esiste anche un’altra Storia.
Questo fenomeno, a partire dal 2003, si è contraddistinto per la sua capacità di proporre, con grande creatività, una protesta civile convocata dal basso in cui l’argomento del contendere primeggia sul narcisismo dei demagoghi e le bandiere politiche. Come dice Francesca Saba, organizzatrice di un “Flash Mob” che, pochi giorni fa, ha percorso le strade di Cagliari: “Siamo cittadini attivi, per cui ci rifiutiamo di subire le decisioni altrui. La perdita di un presidio culturale come la Biblioteca Provinciale è una sconfitta per tutta la popolazione, compresa la classe dirigente. La nostra è stata una dimostrazione di civiltà: i cittadini non si sono lasciati dividere da fedi politiche o beghe localistiche. Hanno agito per difendere la cultura e, nella fattispecie, una Biblioteca che sentono loro”. I tagli indiscriminati alla cultura hanno già mietuto vittime in tutta la penisola, ed ora minacciano di ridurre del 70% i servizi della Biblioteca Provinciale di Cagliari. Questo comporterà il licenziamento di molti bibliotecari e la sostanziale soppressione della sua capacità operativa. “Davanti a questa prospettiva” dice la Saba “abbiamo agito come si farebbe nei confronti di un amico in difficoltà, facendo sentire il nostro appoggio, anche con l’obiettivo di dare una mano alle amministrazioni locali, come la Provincia, che si stanno impegnando per evitare che avvenga il peggio”. Così, il 26 luglio, si è riunito un “Flash Mob” che ha percorso via Manno ed è giunto fino all’interno della Biblioteca. Ognuno dei partecipanti, con un libro in una mano e l’altra a tappare la bocca, ha voluto sottolineare il suo dissenso e, nel contempo, svolgere un’ operazione di invito alla lettura e di amore per la cultura.
Pochi mesi prima, sempre a Cagliari, un’altro “Flash Mob” ha mostrato l’impegno dei cittadini in un modo più eccentrico. Tre giorni prima del referendum che ha spazzato via l’opzione nucleare in Italia, infatti, la città è stata “assediata” dagli zombie. “La manifestazione era prevista per Halloween” dice Francesco Liori, uno degli organizzatori della “Zombie Walk”, “ma abbiamo scelto di anticiparla per rappresentare in modo teatrale e surreale quale sarebbe stato il futuro dell’Italia in caso la consultazione non avesse avuto successo”. Più di 300 persone, truccate come in un blockbuster di Romero, hanno barcollato per le strade della città con grande scintillio di fauci e gorgoglìo di gole affamate.
Il “Flash Mob” è più affine all’arte teatrale che alle proteste tradizionali. Predilige l’ironia allo scontro militare e mira a sorprendere: ad esempio, nel 2006, 4000 ragazzi armati di lettore MP3 ed auricolari hanno invaso la metro di Londra, mutandola in una discoteca silenziosa. Oppure, nel 2008, 8000 persone mascherate da Guy Fawkes (icona tratta da “V per Vendetta”) si sono riunite davanti alle sedi di Scientology in 93 città. La protesta pacifica, organizzata dagli hacker di “Anonymous”, si è scagliata contro le “illegalità” attribuite al culto di Ron Hubbard.
Queste nuove forme di protesta creativa, come scrive uno dei loro massimi teorici, Hakim Bey, sono una macchina da guerra nomade, capace di colpire e fuggire. Si ammanta nell’invisibilità durante la vita quotidiana ed emerge per conquistare i suoi obiettivi quando meno la si aspetta. Se lo Stato e la Storia spesso si mostrano come “uno stivale che schiaccia un volto umano — per sempre” (parole di Orwell), i “Flash Mob” si dimostrano, tra i tanti, un modo pratico e civile per mostrare che esiste anche un’altra Storia.