11
Apr
2014

Domani — Cosa dicono gli zombologi

Sic­co­me la doman­da sal­ta fuo­ri ad ogni pre­sen­ta­zio­ne («Cosa pen­sa­no di Doma­ni gli appas­sio­na­ti del gene­re?») ripo­sto qui la recen­sio­ne di Valen­ti­no Peti­to pub­bli­ca­ta su Anoo­bi. La biblio­te­ca di Peti­to è suf­fi­cien­te a qua­li­fi­car­lo come Tur­bo Gran Mae­stro del­la Zombitudine.

Gra­zie ai suoi pae­sag­gi, l'est si pre­sta bene ad esse­re raccontato.
Tra mia­smi e neb­bia, l'autore ci gui­da in un viag­gio orri­bi­le, un trip aci­do fat­to di inau­di­ta vio­len­za e demen­za uma­na. La sto­ria dei tre repor­ter e del­la loro spe­di­zio­ne, roda bene fin dall'inizio,grazie all'azzeccata miscel­la­nea di tòpoi fil­mi­ci e video­lu­di­ci. Ci tro­via­mo a Bele­ne, Bul­ga­ria; una sor­ta di Silent Hill infar­ci­ta di rima­su­gli del bloc­co sovie­ti­co, in cui lo spet­tro di Cher­no­byl e del disa­stro sovra­sta ogni cosa, irro­ran­do di evo­ca­ti­vi pre­sa­gi la let­tu­ra e ogni azio­ne degli sven­tu­ra­ti. Tra gulag, car­ce­ri e aguz­zi­ni di vario gene­re, ci si ren­de subi­to con­to che,mai come in que­sto libro, gli uomi­ni sono più cat­ti­vi dei mor­ti. Le bar­ba­rie dell'animo sur­clas­sa­no gli infet­ti di diver­se lun­ghez­ze, rele­gan­do que­sti ulti­mi a sco­lo­ri­te figu­ri­ne, qua­si tene­re. L'azione comun­que non lati­ta e si dimo­stra fun­zio­na­le e pre­ci­sa come una revol­ve­ra­ta, e se si esclu­de qual­che erro­ruc­cio tec­ni­co (soprat­tut­to in cam­po bali­sti­co), e qual­che inge­nua for­za­tu­ra (alcu­ne svol­te tra­mi­che inve­ro­si­mi­li) che ne mina­no la plau­si­bi­li­tà, sem­bra dav­ve­ro di assi­ste­re ad una sce­neg­gia­tu­ra rea­dy-to-video. Degne di nota anche le fasi meno concitate,quelle più inti­mi­ste e intro­spet­ti­ve, in cui le elu­cu­bra­zio­ni fan­no più male dei dan­ni fisi­ci. Nel­la car­na­lis­si­ma agni­zio­ne fina­le, qua­si di matri­ce cro­nen­ber­ghia­na, assi­stia­mo ad un pro­ces­so entrò­pi­co sem­pre più cal­zan­te, un calei­do­sco­pio pul­san­te, in cui l'autore san­ti­fi­ca per­fi­no Kubrick, arri­van­do a sfio­ra­re un livel­lo "mono­li­ti­co" mol­to, mol­to alto. Quan­do uno scrit­to­re ita­lia­no scri­ve qual­co­sa sul mio argo­men­to pre­fe­ri­to, mi muo­vo cau­to e titubante.
Leg­go con calma.
Sop­pe­so le paro­le e incro­cio le dita che non man­di tut­to in vacca.
Mas­si­mo Spi­ga dis­si­pa ogni riser­va e innal­za il genere.