21
Giu
2009

La presunta mente dell’11/9: «M’inventavo le storie» — 18/06/09

(Arti­co­lo tra­dot­to per Mega­chip)

di Devlin Bar­rett – Asso­cia­ted Press

WASHINGTON — Kha­lid Sheik Moham­med, accu­sa­to di esse­re il genio cri­mi­na­le die­tro all'attentato dell'11 set­tem­bre, ha con­fes­sa­to di aver men­ti­to pro­fu­sa­men­te agli agen­ti che lo tor­tu­ra­va­no per estor­cer­gli la veri­tà sul­le sue atti­vi­tà ever­si­ve. Secon­do quan­to rife­ri­to in alcu­ne sezio­ni dal­le tra­scri­zio­ni gover­na­ti­ve che sono sta­te recen­te­men­te dese­cre­ta­te, Moham­med avreb­be orgo­glio­sa­men­te riven­di­ca­to la sua pater­ni­tà su più di due doz­zi­ne di atten­ta­ti ter­ro­ri­sti­ci. «Mi inven­to del­le sto­rie,» ha det­to Moham­med nel 2007, duran­te una del­le udien­ze del tri­bu­na­le mili­ta­re a Guan­tá­na­mo Bay. In un ingle­se sten­ta­to, ha descrit­to l'interrogatorio in cui gli è sta­ta chie­sta l'ubicazione del lea­der di al-Qa‘ida, Osa­ma bin Laden. «L'agente mi ha chie­sto “Dov’è?”, ed io: “non lo so”», rac­con­ta Moham­med. «Poi ha rico­min­cia­to a tor­tu­rar­mi. Allo­ra gli ho det­to: “Sì, si tro­va in que­sta zona…” oppu­re “Sì, quel tizio fa par­te di al-Qa‘ida”, anche se non ave­vo idea di chi fos­se. Se rispon­de­vo nega­ti­va­men­te, ripren­de­va­no con le torture.»
Nono­stan­te ciò, duran­te la mede­si­ma udien­za, Moham­med ha illu­stra­to un elen­co di 29 attac­chi ter­ro­ri­sti­ci a cui avreb­be pre­so par­te. Le tra­scri­zio­ni sono sta­te rese pub­bli­che gra­zie ad una cau­sa civi­le, con la qua­le la Ame­ri­can Civil Liber­ties Union si è mes­sa a cac­cia di docu­men­ti ed infor­ma­zio­ni sul­le con­di­zio­ni del­la deten­zio­ne che il gover­no ha riser­va­to agli impu­ta­ti per ter­ro­ri­smo. In pre­ce­den­za, era­no sta­ti resi pub­bli­ci altri testi pro­ve­nien­ti dal­le udien­ze dei tri­bu­na­li mili­ta­ri, ma l'amministrazione Oba­ma è tor­na­ta sul tema ed ha rie­sa­mi­na­to le sezio­ni rima­ste segre­te per poi valu­ta­re che sareb­be sta­to pos­si­bi­le dese­cre­tar­ne ulte­rio­ri por­zio­ni. La mag­gior par­te dei nuo­vi docu­men­ti è incen­tra­ta sul­le dichia­ra­zio­ni che i dete­nu­ti han­no rila­scia­to a pro­po­si­to degli abu­si subi­ti duran­te gli inter­ro­ga­to­ri, men­tre era­no pri­gio­nie­ri in car­ce­ri extra-nazio­na­li gesti­te del­la CIA. Un dete­nu­to, Abu Zubay­dah, ha rife­ri­to al tri­bu­na­le che «dopo mesi di sof­fe­ren­za e di tor­tu­ra, fisi­ca e psi­co­lo­gi­ca, non han­no nem­me­no cura­to le mie ferite».
Zubay­dah è sta­to il pri­mo dete­nu­to ad esse­re sot­to­po­sto alle tec­ni­che di inter­ro­ga­to­rio “avan­za­to”, appro­va­te dall'amministrazione Bush, in cui avve­ni­va una simu­la­zio­ne di anne­ga­men­to (det­to water­boar­ding), oppu­re l'indagato veni­va sbat­tu­to con­tro le pare­ti o era costret­to a pro­lun­ga­ti perio­di di nudi­tà. Duran­te l'udienza, Zubay­dah ha rive­la­to che que­ste pra­ti­che lo han­no «qua­si ucci­so in alme­no quat­tro occa­sio­ni». «Dopo un paio di mesi, duran­te i qua­li ho qua­si per­so la ragio­ne e la vita,» ha dichia­ra­to Zubay­dah, «han­no inco­min­cia­to a pren­de­re le misu­re neces­sa­rie per non far­mi mori­re». Ha inol­tre affer­ma­to che, dopo esse­re sta­to trat­ta­to per mol­ti mesi in que­sto modo, le auto­ri­tà han­no con­clu­so che non fos­se il nume­ro 3 di al-Qa‘ida, come ave­va­no a lun­go creduto.

Fon­te: http://www.miamiherald.com/news/nation/story/1098707.html