14
Dic
2016

Discendendo la Spirale, un frammento

Per festeg­gia­re l'uscita di PARADOX, il cui pro­ta­go­ni­sta è un anar­chi­co paz­zoi­de, ecco il pri­mo fram­men­to di nar­ra­ti­va da me scrit­to, il cui pro­ta­go­ni­sta è un ere­ti­co paz­zoi­de. Si trat­ta dell'incipit del roman­zo incom­piu­to Discen­den­do la Spi­ra­le, un deli­rio fan­ta­sy-con­te phi­lo­so­phi­que scrit­to nel 1997. La buo­na noti­zia è che, all'epoca, dove­vo ascol­ta­re musi­ca decen­te, per­ché il testo mi sem­bra ispi­ra­to a Divi­ne Object of Hatred del­la Rol­lins Band. La cat­ti­va noti­zia è che ave­vo quat­tor­di­ci anni – e scri­ve­vo come un quat­tor­di­cen­ne. Tut­ta­via, nel bene o nel male, la mia nar­ra­ti­va è comin­cia­ta qui.


Discen­den­do la Spirale


Ma un gior­no, in un’epoca più eroi­ca di que­sto pre­sen­te deca­den­te e incer­to, egli dovrà veni­re a noi, il Reden­to­re, l’uomo del gran­de amo­re e disprez­zo, lo spi­ri­to crea­ti­vo la cui for­za irre­si­sti­bi­le non gli con­sen­ti­rà alcun distac­co o distan­za – il cui iso­la­men­to ver­reb­be inter­pre­ta­to dal­la gen­te come fuga dal­la real­tà – men­tre è solo assor­bi­men­to, pene­tra­zio­ne, immer­sio­ne nel­la real­tà in modo che, quan­do egli ritor­ne­rà alla luce, potrà otte­ne­re la reden­zio­ne di que­sta real­tà, la reden­zio­ne del­la male­di­zio­ne che l’ideale ora impe­ran­te ha impo­sto ad essa. L’uomo del futu­ro, che ci redi­me­rà non solo dall’ideale fino­ra impe­ran­te ma anche da ciò che dove­va nasce­re da esso, la gran­de nau­sea, il volon­tà del nul­la, il nichi­li­smo; que­sto rin­toc­co di cam­pa­na che scan­di­sce la gran­de deci­sio­ne che libe­ra la volon­tà e resti­tui­sce il suo sco­po alla ter­ra e la spe­ran­za dell’uomo; que­sto Anti­cri­sto e que­sto anti­ni­chi­li­sta; il vin­ci­to­re su Dio e sul nul­la – egli ver­rà un giorno…

Frie­drich Nie­tz­che, Genea­lo­gia del­la Morale


Una fol­la di bestie mi cir­con­da, mi sof­fo­ca, mi oppri­me. In veri­tà, vor­rei che fos­se­ro bestie, ma la real­tà è sem­pre più cupa e irrea­le del desi­de­rio. Quel­li che mi attor­nia­no e urla­no con­tro di me sono uomi­ni: padri di fami­glia, arti­gia­ni, fan­ciul­le. Mi vor­reb­be­ro mor­to, lot­ta­no e si cal­pe­sta­no a vicen­da solo per poter­mi cal­cia­re, digri­gna­no i den­ti scin­til­lan­ti come voles­se­ro dila­nia­re le mise­re vesti­gia del mio cor­po. Osser­va­no e insul­ta­no la mia nudi­tà men­tre, in cate­ne, ven­go tra­sci­na­to per la pol­ve­ro­sa stra­da dal­le cosid­det­te Legio­ni del Signo­re, ser­vi del Tri­bu­na­le dell’Inquisizione, apo­sto­li zelan­ti del Dio crea­to dagli uomi­ni. Tut­to que­sto per una mag­gio­re glo­ria di Cri­sto. La fol­la si chiu­de su di me lace­ran­do le mie car­ni con i suoi arti­gli e copren­do la mia fac­cia del suo cal­do spu­to. Com­pio­no azio­ni che non cre­de­va­no di esser capa­ci di fare, e tut­to que­sto per me.

Sono esta­ti­co.

Sen­to il loro odio, il loro vele­no addos­so come una mera­vi­glio­sa pia­ga. È puro. È divi­no. E ora è tut­to mio. Gli stes­si che ora mi feri­sco­no, nei gior­ni pas­sa­ti mi osser­va­ro­no con timo­re e rive­ren­za, covan­do nei loro cuo­ri il più uma­no dei sen­ti­men­ti, per­ché inve­ro è sta­to det­to che l’odio è il più anti­co dei sen­ti­men­ti, supe­ra­to in vec­chiez­za solo dal­la pau­ra. Con movi­men­ti fera­li un uomo mi strap­pa dal suo­lo pol­ve­ro­so, e gri­da vane minac­ce, espri­men­do nel con­tem­po la sua gio­ia in vista del­le tor­tu­re che oltre a lace­ra­re il mio cor­po – a quan­to dice – dila­nie­ran­no anche la mia ani­ma. I suoi occhi luc­ci­ca­no di lacri­me miste ad odio, ma rie­sco a distin­gue­re nel suo vol­to i segni di una pro­fon­da dispe­ra­zio­ne e una furia tale da supe­ra­re lar­ga­men­te i suoi con­cit­ta­di­ni. Che abbia sof­fer­to per cau­sa mia? L’idea mi fa sor­ri­de­re, anche se la vista è appan­na­ta dal san­gue e il cor­po è intor­pi­di­to dal dolo­re. Le guar­die strat­to­na­no la cate­na e mi libe­ra­no dal­la mor­sa dell’uomo, sghi­gnaz­zan­do per la stra­nez­za che un fore­stie­ro giun­to da così poco in cit­tà sia degno di così tan­te atten­zio­ni. Ormai la nau­sea mi strin­ge lo sto­ma­co, men­tre pian pia­no le emor­ra­gie mi suc­chia­no le for­ze a ogni secon­do che pas­sa. Mi lascio anda­re, spro­fon­dan­do oltre la soglia del­la veglia, den­tro il nero, sapen­do che è il pre­lu­dio del­la morte.